Comune: Modena
Provincia: Modena
Edicolante: Edicola Villaggio – Via formigina n°240


Siamo a Modena tra la fine degli anni quaranta e l’ inizio dei cinquanta.
Viale Ciro Menotti, già allora detto “viale” in  lungimirante previsione degli alberi che vi sarebbero stati messi a dimora solamente tanti anni dopo, era caratterizzato, sul lato sinistro provenendo dalla Via Emilia, dalla linea del tram che dal centro città andava in via Paolo Ferrari e, sul lato destro, dal canale Pradella ancora scoperto per il tratto che andava da Via Pelusia a Via Morselli.
Sempre provenendo dalla via Emilia, ad un certo punto il suddetto “viale” incrociava  Via Ricci sulla sinistra e Via Morselli sulla destra. Ai lati di via Ricci si trovavano da una parte l’ edificio di un gruppo di Case Popolari e dall’altra il negozio di merceria delle sorelle Boni, chiamate  “Pigòuni”, affiancato dai laboratori del barbiere “Ghitàn” e del meccanico di biciclette Corradi, detto “Pipi”, ed ai lati di via Morselli da una parte la vetreria Marisaldi e dall’ altra l’ edificio di un altro gruppo di Case Popolari.
Davanti a Marisaldi, era sistemato un rudimentale chiosco di legno nel quale “Pavlèin”,  d’ estate, dava refrigerio agli abitanti del quartiere quand’ erano disposti a sopportare stoicamente i miasmi provenienti dal predetto canale   (una vera fogna a cielo aperto). Vendeva cocomeri, bibite e granatine prodotte grattugiando manualmente  le stecche di ghiaccio che acquistava nella vicina Fabbrica del Ghiaccio sita in via Ricci. Di fronte era collocata una baracchina per la rivendita dei giornali; era costruita in legno, era verniciata di grigioverde ed aveva dimensioni  minime che indicherei in poco più di un metro per lato.
L’ edicolante era un certo Bruno Bergamini, soprannominato “Tito”, uomo di mezza età, magrissimo, non giudicato bello dalle donne, anche a causa di una cicatrice sul volto provocata da una ustione che  gli donava un aspetto più burbero di quanto non fosse in realtà.
Ci stava strettissimo nella sua edicola, dove a malapena entrava una seggiola, sulla quale però si sedeva solamente  quando pioveva, perché trascorreva il maggior tempo possibile al di fuori per non soffocare dal caldo durante l’ estate  e per scaldarsi, muovendosi, durante l’ inverno: i condizionatori allora non esistevano ed una stufetta dentro proprio non ci stava. Eppoi, siccome sosteneva che un bicchiere di vino  faceva bene in tutte le stagioni,  provvedeva di conseguenza passando dalla vicina osteria Reggiani.
“Tito” arrivava al mattino presto, o notte tarda che dir si voglia,  con un biciclettone nero, dotato di portapacchi, al quale era agganciato un carrellino stracarico di giornali, dopo essere andato a ritirarli dal distributore locale. In seguito  poi dimostrò intraprendenza quando, col suo fratello gemello Giordano, pure lui edicolante alla Crocetta, e con quello di via San Giovanni del Cantone, intelligentemente organizzò un punto di raccolta e distribuzione alle edicole. Fu quello un esempio spicciolo della intraprendenza dei modenesi che stavano realizzando la grande trasformazione del dopoguerra  verso quella che sarebbe diventata in seguito una vera esplosione imprenditoriale.
Era costantemente in conflitto con il gruppo di ragazzini che si ritrovava abitualmente  in zona per andare poi a giocare al pallone nel cortile delle attigue Case Popolari, perché gli dava fastidio la confusione che quelli facevano  giocando attorno alla sua edicola, così come il fatto che questi sfogliassero i giornali appesi all’ esterno anziché comprarli.
Più lui li rimproverava,  più quelli lo provocavano con parole e con scherzi, a volte anche pesanti, come quando gli spalmarono del letame sulla maniglia della porta. Lascio immaginare la sua reazione quando l’ afferrò e si rese conto di cosa aveva in mano! Un’ altra volta, dopo una nevicata, durante una sua assenza, gli accumularono una notevole quantità di neve davanti alla porta d’ ingresso della baracchina così che, quando ritornò, dovette spalarla una seconda volta, inveendo coloritamente.
C’ era comunque  una buona capacità di convivenza che si manifestava, da parte dei ragazzi, con la frequentazione assidua per l’ acquisto delle figurine, Calciatori e Guerra di Corea in primis, e dei giornaletti,  Topolino e  Tex Willer principalmente. Da parte sua, con un comportamento fondamentalmente amichevole; aveva di fatto instaurato un buon rapporto di vicinato con tutti gli abitanti del quartiere.
Il 9 Gennaio 1950 partecipò dal vivo ai tragici eventi che caratterizzarono quel triste giorno, trovandosi a poco più di cento metri dal “fronte” delle acciaierie,  e prestò soccorso ad un manifestante colpito da un proiettile vagante ad un dito di una mano. Incurante dei gas lacrimogeni che saturavano l’ aria, lo accompagnò dal barbiere “Ghitan” dove fu medicato.
Un bel giorno capitò che un autocarro dell’ esercito statunitense, guidato da un militare nero, sbagliasse  manovra e, nel voltare,  investisse  in pieno l’ edicola, con dentro Tito, ribaltandola su di un lato.  Fortunatamente Tito non subì danni fisici, sebbene la baracchina andasse in sfascio, e procurò ilarità il vederlo uscire  dalla finestrella mettendosi a discutere animatamente con l’ autista; lui, minuto, in dialetto e l’ altro, gigantesco, in slang americano.
Col risarcimento che ottenne, avendo  iniziato a godere della collaborazione del figlio sopranominato “Franz”,  a fine anni settanta comprò una baracchina nuova, metallica, più spaziosa e funzionale, con vetrinette per l’ esposizione delle riviste, con una sedia e la stufetta. Ottenne anche l’ autorizzazione per  piazzarla proprio sul Viale Ciro Menotti, davanti alla casa popolare d’ angolo con via Morselli, luogo dove rimase fino al 2001, quando il nuovo ed attuale proprietario si spostò poco oltre, all’ interno del cortile delle Case Popolari in affaccio sul Viale Ciro Menotti, con una ulteriore e più ampia struttura.
Quando nel frattempo venne chiuso  il tratto di canale ancora scoperto,  scomparve il chiosco di “Pavlèin” e furono divelte le rotaie del tram,  sostituito dal filobus,  andarono persi   un angolo della città ed un personaggio caratteristici ambedue della Modena di una volta.
Attualmente il posto è molto cambiato in quanto non è più punto di ritrovo dei ragazzini del quartiere. Per giocare a pallone vengono accompagnati dai genitori in una delle tante polisportive della città e per passatempo si trastullano con smartphone e tablets.
L’ attività dell’ edicola non viene più disturbata, ma nell’ aria c’è meno allegria rispetto ad allora.