Comune: Modena
Provincia: Modena
Edicolante: Edicola Gualtieri Viviana Via Rainusso 104 41124 Modena


I fari del furgone bianco spuntarono sullo stradone deserto. La sagoma del mezzo s’ingrandì, avanzando a velocità sostenuta e parcheggiò, accostando senza mettere la freccia e urtando col pneumatico anteriore il cordolo del marciapiede.
Ilario scese, scagliando lontano la cicca della sigaretta e salutò Franco che gli veniva incontro, fregandosi le mani intirizzite, nell’aria frizzante del mattino. Si era alzato dal muretto sbrecciato adiacente al chiosco della vecchia edicola, sigillato dal lucchetto che non veniva aperto da oltre un anno.
Venti mesi prima, quel chiosco decrepito era un’edicola ben tenuta, che si stagliava, verde, sullo sfondo del caseggiato popolare. La piazzola antistante, sempre pulita, permetteva un’agevole sosta ai numerosi avventori che transitavano per la statale. Tutto il quartiere era un brulicare operoso di artigiani e negozianti che servivano una clientela di operai, pensionati e immigrati che abitavano gli appartamenti a prezzi modici della zona. Un buon posto in cui crescere, vivere e invecchiare, con uno stipendio che permette di arrivare appena a fine mese.
Franco aveva aperto l’edicola nel quartiere da vent’anni e la sua giornata lavorativa veniva ricompensata da un guadagno sufficiente per pagare pigione, sostentamento e qualche modesto svago.
Tutto era filato liscio fino all’apertura del nuovo tratto di tangenziale che, grazie al viadotto che ora correva venti metri sopra le loro teste, aveva isolato quella comunità dal resto della cittadina.
Il traffico si era interrotto, incanalato nella nuova direttrice e smistato in ogni direzione. I primi a farne le spese furono i due bar del quartiere, costretti a chiudere per mancanza di avventori; poi fu la volta della tabaccheria e della pompa di benzina. Franco resistette sei mesi, deciso a non mollare, nonostante la penuria d’incassi. Nell’ultimo mese cedeva i quotidiani a credito ai pochi negozianti rimasti, facendosi saldare con un taglio di capelli dal barbiere ormai senza clientela, o ritirando il pane dal fornaio in procinto di chiudere i battenti.
I primi tempi, dopo la chiusura, continuava a trascorrere molte ore presso il chiosco. Lo apriva per fargli prendere aria, cancellava le scritte che deturpavano la serranda e bazzicava nei paraggi, incapace di tagliare i legami con quel luogo. Poi, col passare dei mesi e lo sfacelo che imperava nella zona destinata al degrado, aveva smesso di occuparsene, lasciandolo sigillato e ricoperto da disegni osceni, scritte razziste o inneggianti a un’impossibile riscatto. Ora era quasi sepolto dall’edera, l’unico rigoglio concesso in quel sito dimenticato da Dio.
Ma l’abitudine che Franco non aveva abbandonato, era quella di alzarsi prima dell’alba, quando ancora tutti dormivano. Scendeva in strada, si recava presso la sua edicola e aspettava il furgone che consegnava i giornali. Adorava il profumo di stampa fresca uscire dal cassone stipato di pacchi legati con le fascette plastificate. Il tonfo dei quotidiani sul marciapiede, la conta dei colli, la consegna dei resi del giorno precedente e la firma sulla bolla di consegna all’addetto insonnolito. Quel senso d’aspettativa… lo scorrere dei titoli mentre sistemava i giornali sugli espositori… sapere già tutto prima che il mondo aprisse gli occhi.
Questo solo gli era rimasto. Grazie all’amicizia di Ilario, il suo fornitore, che per anni aveva incontrato all’alba di ogni benedetto giorno della sua vita lavorativa.
Ilario faceva ancora il solito giro. Consegnava l’edizione mattutina, ritirava i resi e prima di rientrare passava dal chiosco di Franco, che trovava puntuale ad attenderlo. Lo caricava sul furgone e andavano a prendere un caffè al bar della tangenziale. Poche chiacchiere sul tempo, sulle notizie del giorno poi, prima che Ilario si recasse al macero, a scaricare le rimanenze, depositava di nuovo Franco davanti alla vecchia edicola, conscio che il meglio della giornata se n’era andato.
Anche quella mattina tutto si svolse come al solito, ma arrivato a destinazione il giornalaio decise di approfittare dell’amicizia del corriere per formulare un’inconsueta domanda:
– Potrei dare una sbirciata al cassone…? – chiese, sorvolando sulla stranezza della proposta.
– Certo… se ci tieni… – assentì Ilario assecondandolo.
All’apertura delle porte, Franco fu investito da ciò che rappresentava lo scopo di quella richiesta: l’odore dei giornali. Ne inspirò a pieni polmoni, socchiudendo gli occhi. Poi salì nel vano di carico, dove pile di resi riposavano in attesa della distruzione. Toccò i pacchi:
– Andranno distrutti…? – domandò, già conoscendo la logica risposta.
– Certo, entro due giorni saranno di nuovo pasta di cellulosa… –
– Perché non… – esordì, nemmeno sapendo dove volesse andare a parare – …perché non mi lasci un paio di pacchi…? –
Ilario si stranì alla richiesta:
– Sono giornali di ieri… che utilità possono avere…? – capiva che nemmeno il suo amico lo sapeva ma, convinto di assecondare un semplice moto nostalgico, non seppe rifiutare. Scaricò due pacchi, di due diverse testate e lo salutò, desideroso di finire il suo giro e recuperare qualche ora di sonno.

Il mattino successivo la sua sorpresa fu grande quando, sorbito il solito caffè, avviandosi verso la cassa, Ilario fu fermato da Franco con una mossa plateale, che doveva aver pregustato da quando l’aveva caricato davanti al chiosco.
– Se permetti, offro io… – si schernì Franco, togliendo dalla tasca alcune monete che contò minuziosamente sul palmo della mano.
Non volendolo privare dell’evidente soddisfazione, Ilario lasciò fare, chiedendo ragione di quel gesto appena risaliti in furgone per tornare verso casa.
– I giornali di ieri… ricordi…? – spiegò raggiante – …Li ho disposti sul marciapiede, in bella vista. Per mezzogiorno li ho venduti tutti… venti centesimi al pezzo… –
– Ma chi…? – iniziò Ilario incredulo.
– Oh… disoccupati… clandestini… spacciatori… per ora la clientela non è granché… – spiegò, intuendo lo scetticismo dell’amico.
– Per ora…?! – si stupì Ilario.
– Ci ho ragionato, il tempo non mi manca… – proseguì eccitato Franco, sordo a ogni obiezione.
– …che differenza può fare se una notizia è del giorno prima, quando ancora non ne sei a conoscenza…? –
Ilario lo guardò di sottecchi, con la sigaretta all’angolo della bocca che lasciava salire un ricciolo di fumo bianchissimo.
– Voglio dire… gran parte delle notizie, nazionali o locali, sono per lo più… trascurabili. Che differenza passa tra il sapere oggi che i dati sui consumi sono stati rivisti al ribasso… o apprenderlo il giorno seguente…? La notizia che una pensionata è stata truffata da due individui distinti all’uscita dall’ufficio postale… non è ugualmente terribile appresa con un giorno di ritardo…? –
Ilario cominciava a capire, ma Franco voleva andare oltre.
– E ti dirò di più… quand’è che una cosa accade davvero…? Quando succede, o quando ne veniamo a conoscenza…? –
L’amico buttò la cicca dal finestrino e lo rialzò, come per escludere il rumore del traffico e comprendere meglio.
– Dai giornali che mi hai lasciato ieri, ho appreso della morte di un anziano maestro che è stato mio cliente per anni… – Franco sembrò pensare per alcuni secondi, poi continuò – …il suo nome non mi diceva nulla, ma dalla foto l’ho riconosciuto immediatamente. Bene… per me è morto ieri, quando ho appreso la notizia… Due giorni fa, per quel che mi riguarda, era al parco a sfamare i piccioni col pane raffermo, come ogni mattina, non dentro una cassa alle camere ardenti… –
Ilario sapeva che avrebbe dovuto obbiettare qualcosa, ma stranamente non trovava un appiglio per scardinare quell’assurda teoria.
Quando se ne andò, Franco era davanti al chiosco sigillato, a salutarlo con la mano, con un sorriso soddisfatto e tre pacchi di giornali del giorno precedente ai piedi.

Dopo una settimana, una mattina all’alba, Ilario trovò l’edicola nuovamente aperta. Franco si scusò di non potersi assentare per il caffè, ma fu lui stesso a offrirlo, versandolo bollente dal thermos, come aveva fatto per anni prima del tracollo. Ora le forniture di vecchi giornali erano diventate regolari. Franco li pagava a peso, come carta da macero, comprandone il quantitativo che riusciva a pagare con gli spiccioli guadagnati il giorno precedente. Ilario supponeva che si sostentasse con la pensione dell’anziana madre, con cui viveva.
Non aveva mai resi, ciò che avanzava lo impilava sugli scaffali del chiosco, a invecchiare come bottiglie di vino buono.
– Ieri ho venduto venti copie a un unico cliente… – annunciò trionfante.
– …un meteorologo che fa previsioni sulla cronaca locale… – spiegò, fornendo i particolari all’amico che stava scaldandosi le mani col bicchiere fumante.
– Contro ogni altra previsione aveva annunciato precipitazioni nevose nel pomeriggio… era stato l’unico a farlo… e che è successo ieri, verso le quindici…? –
– E’ nevicato un paio d’ore… – confermò Ilario, divertito dall’enfasi con cui il giornalaio sottolineava l’evento.
– Appunto… – confermò Franco – …penso che distribuirà quelle copie come prova della sua perizia… magari gli frutterà un impiego più remunerativo… –
– Pensi di riaprire l’edicola…? – domandò Ilario.
– Non so… per ora non credo… ho riaperto il chiosco perché il meteorologo mi ha assicurato che stamattina pioverà… quindi, perché rischiare…? –

Il martedì successivo, arrivando più tardi del solito, Ilario incrociò un’anziana signora che se ne andava con una pila di quotidiani sotto il braccio.
– Un’altra pazzoide con la passione per le vecchie notizie…? – chiese a Franco che se ne stava rintanato nel chiosco, dove una piccola stufetta esalava un tepore invitante.
– No… doveva rifoderare i pensili di cucina… le ho fatto un prezzo di favore… – riferì con un gesto vago della mano.
Poco più avanti, sul marciapiede, un uomo che pareva indiano stava allestendo un carretto con mazzi di verdure poco invitanti.
– Stiamo collaborando… – spiegò Franco – …io fornisco la carta per gli involti e lui mi paga in insalata, asparagi, o ciò che riesce a recuperare tra le rimanenze dei mercati generali. Stiamo istituendo un nuovo polo commerciale. – La strizzatina d’occhio che seguì, fece nascere nel corriere il sospetto che l’amico si fosse bevuto il cervello ma, davanti a quella ritrovata serenità, decise di non avere il diritto d’interferire nelle sue decisioni. Quindi scaricò i giornali che Franco poteva permettersi per quella mattina e lo lasciò alla sua nuova attività.

– Complimenti per suo nipote, signora Antonia…! – annunciò raggiante Franco, rivolto alla vecchia signora che da tre giorni passava a comprare sempre la stesa copia del quotidiano della settimana precedente.
– Ha visto che bravo…? – fu la solita risposta che lei gli rifilava con un sorriso. Poi apriva la pagina sportiva, dove un articolo annunciava che un giovane nato nel quartiere era stato ingaggiato da una squadra di basket americana e l’anno successivo avrebbe esordito in NBA.
Antonia era sette anni che non lo vedeva. Da quando aveva finito le scuole medie e si era trasferito con la madre a Milano. Sperava di ricevere una sua telefonata prima della sua partenza per Dallas, ma non era nemmeno sicura che avesse ancora il suo numero di telefono, dopo che suo figlio, il padre del ragazzo, se n’era andato con un’altra al termine di un divorzio burrascoso.
– Non ha conservato la copia di ieri…? – le chiedeva Franco, perplesso nell’accettare quei pochi spiccioli provenienti dalla pensione sociale dell’anziana signora.
– Certo… ma comprarlo, aprirlo qui in strada e trovare la notizia ogni volta… è impagabile! – gli diceva convinta.
– A proposito… ne ha ancora, vero…? –
Franco le mostrava una pila di copie che teneva in un angolo, appositamente per lei.
– A domani, allora…! – Lo salutava lei, chiudendosi il cappotto logoro.
– A domani e… ancora complimenti…! –

Ai primi di marzo piovve ininterrottamente per due settimane.
Basant, l’ortolano pakistano che gestiva il carretto di verdure nei pressi dell’edicola, si riparava sotto la tettoia del chiosco, offrendo un cespo d’insalata ai clienti di Franco come un mazzo di rose. A lui si era aggiunto Plamen, un bulgaro disoccupato, che pescava di notte al ponte di barche e rivendeva cavedani e pesci gatto, ben disposti su cassette di polistirolo.
La città viveva nella paura di allagamenti e i fiumi si erano gonfiati fino a minacciare le campagne circostanti e la periferia.
Le elezioni del nuovo sindaco erano fissate per il mese successivo e Franco ricordò una polemica che aveva tenuto banco sui giornali qualche tempo addietro, all’inizio della campagna elettorale, quando lo sfidante aveva pubblicamente incolpato il sindaco in carica di aver malamente sperperato i fondi comunali, stanziati per la pulizia e il riassetto dei corsi d’acqua.
Scartabellò tra i vecchi giornali e riesumò le copie. Un articolo dettagliato riportava l’accusa dello sfidante e, in quello di due giorni dopo, il sindaco in carica rivendicava il lavoro della sua giunta riguardo alla manutenzione degli argini. Li sistemò entrambi su due espositori contrapposti, come pugili che si guardano in cagnesco al centro del ring.
Dai quartieri vicini veniva gente a rileggere quegli articoli, chi sperando che il vecchio sindaco avesse realmente curato la sicurezza dei fiumi, che ora rappresentavano una minaccia incombente e chi, sotto sotto, auspicava qualche problema che spianasse la strada a una nuova amministrazione.
A due addetti stampa che si presentarono per un’intervista al giornalaio, incolpato di voler influire sull’esito delle elezioni, Franco, ben riparato nel chiosco dalla pioggia battente, rispose candidamente:
– La gente si scorda troppo in fretta delle notizie. Le novità ricoprono continuamente le parole già dette, i concetti già espressi, sommergendoli sotto una montagna di banalità. Ma le parole scritte sono come macigni, che devono rimanere nel tempo… –
Basant e Plamen annuivano serafici, sotto la pensilina, come assistenti di un oracolo consultato per una questione vitale.
I giornalisti se ne andarono con la loro intervista, un sacchetto di lattuga, una carpa di quasi un chilo e la sensazione che, adesso, la sfida elettorale avrebbe risentito di quelle notizie ormai scordate da tutti.
Piovve per altri tre giorni, ma gli argini ressero. I fiumi si gonfiarono all’inverosimile, tenendo in allarme la protezione civile e col fiato sospeso la popolazione… ma ressero.
I clienti aumentarono, a seguito dell’intervista e la gente si fermava semplicemente a buttare uno sguardo ai titoli esposti, riscoprendo notizie e opinioni ormai accantonate, ma che trovavano in quel momento conferme o smentite.

Il martedì che la multinazionale Tenxyz Spa, una società con sede in città, fu protagonista di uno dei più eclatanti crack finanziari dell’ultimo decennio, la notizia esplose come un fulmine a ciel sereno. L’indiscrezione ventilata il giorno precedente a borse chiuse, trovò una tragica conferma l’indomani, gettando nel panico gli investitori.
Quel giovedì, Franco, seduto in cucina prima dell’alba davanti alla tazza di caffè, seguiva il notiziario e si chiedeva come potesse essere possibile che nessuno avesse avuto sentore di ciò che stava accadendo. Andava con la mente alle pagine finanziarie delle settimane precedenti, ma lo scarso interesse per l’argomento non aveva permesso a nessuna delle notizie di fissarsi nei suoi ricordi.
Quando arrivò al chiosco, mentre stava facendo giorno, trovò una macchina ad attenderlo, con dentro due persone ben vestite che parevano aspettarlo da un po’. Plamen li guardava storto, mentre allestiva il suo banchetto e un paio di sfaccendati cercavano di scroccare sigarette agli sconosciuti.
Scesi dall’auto, attesero che Franco aprisse l’edicola poi, come normali clienti, si accostarono con una richiesta bizzarra:
– Ha dei quotidiani del 7 marzo…? –
– Che testata…? – chiese Franco prendendo tempo.
– Qualunque… di quel giorno –
– No… – rispose troppo velocemente, senza controllare tra le pile di quotidiani stipati nel chiosco.
Quando Ilario passò a trovarlo, alla fine del suo giro, incrociò l’auto che se ne stava andando.
– Hai clienti di classe, adesso… chi erano…? –
– Mi hanno diffidato… – rispose Franco, mentre spostava plichi di giornali cercando la data giusta.
– Diffidato…? – si stupì guardando la strada e i fari posteriori dell’auto sparire verso la tangenziale.
– Si… dall’esporre… – e intanto si rizzò con una quindicina di copie ancora ripiegate tra le mani – …questi…! – e depositò sul banco il giornale finanziario di un mese prima, sulla cui testata spiccava un titolo a due colonne, in cui un’importante agenzia di rating consigliava l’acquisto dei titoli Tenxyz denominandoli sicuri e in trend decisamente positivo.
– Che mi venga…! – sussultò Ilario, sorpreso dall’assurdità di ciò che stava leggendo.
– Ma che danno puoi fare tu… esponendo un vecchio giornale…? –
– Risvegliare le coscienze… ecco che posso fare… accendere un faro nella nebbia dell’oblio in cui la gente relega la verità per inseguire le novità. –
Ilario ritenne il discorso troppo profondo e come se Franco avesse avvertito il suo scetticismo, continuò:
– Oh… da qui so che posso fare ben poco… ma non si può mai sapere… –
– Come pensi di agire, adesso…? –
– Non so… – rispose pensieroso il giornalaio – …non posso rischiare una querela… quella è gente importante… e ci sono tanti soldi in ballo… –
– Io ripasserò nel pomeriggio… – annunciò Ilario – …non fare l’eroe, mi raccomando… –
Fermandosi alcune ore dopo, si sentì sollevato non vedendo esposti i giornali incriminati. Si disse che, in fondo, aveva fatto la scelta giusta. Non era il caso di mettere di nuovo a rischio la tranquillità faticosamente ritrovata dopo tanto penare. Si recò dal tabaccaio, che aveva riaperto i battenti grazie al passaggio che ormai l’edicola garantiva e, uscendo con le immancabili sigarette, notò Plamen che avvolgeva nel giornale finanziario due grassi pesci gatto per un’anziana signora, che attendeva l’involto contando monete dal borsellino.
Sulla parte frontale, in evidenza, la notizia della Tenxyz Spa campeggiava visibile come su un cartellone pubblicitario. E così faceva Basant, avvolgendo un cavolo con la stessa notizia in bella vista, che sarebbe uscita dal quartiere, salita sull’autobus con il cliente dell’ortolano per raggiungere chissà quale parte della città.
Sorrise, scuotendo la testa e raggiungendo Franco che, sornione, stava passando in rassegna gli articoli del giorno precedente.
– Ho una buona notizia per te… – annunciò Ilario soddisfatto.
– Il vecchio sindaco è stato rieletto… e vuole riqualificare questo quartiere… –
– Ah si…?! – finse indifferenza Franco – …domani lo leggerò sul giornale… –
– E per prima cosa vorrebbe riaprire ufficialmente l’edicola… –
Franco sospese il lavoro e lo scrutò interrogativamente da sopra gli occhiali.
– Da domattina ho l’incarico di consegnarti i pacchi dei quotidiani del giorno…! –
– Non so che farmene… – minimizzò Franco, che invece sentì accendersi una fiamma che gli scaldò l’anima.
– Beh… non dirlo a me… io ho solo l’ordine di lasciarteli… e così farò… –
Franco riempì due tazze di caffè dal thermos che teneva sotto il bancone. Ne offrì una a Ilario, mentre un signore sbirciava la notizia sul vecchio giornale finanziario, svolgendo l’involto di patate che aveva appena comprato. Scuoteva la testa, allibito, rigirando il pacco e seguitando a leggere.
– Quand’è così… ti aspetto domattina all’alba… – disse mimando un brindisi con la tazzina fumante – …saranno perfetti per incartare il pesce…! –