Comune: Carpi
Provincia: Modena
Edicolante: Cavazzoni Gloria – Via Lago D’idro n.7, Carpi


Ore 07:00 antimeridiane.
“Cosa diavolo sta succedendo? Chi ha azionato questi terribili suoni metallici e da dove…? Chi sono io e perché mi trovo in questo coso…? Cosa…? Chi…?”.
Come ogni mattino al suono della dolce Martella, la sveglia della nonna con carica a molla, tic-tac ad 80 watt in uscita e minacciose campane tibetane posizionate sulla parte alta a mo’ di sentinella, Glauco Mazzi (Glauco: color del mare. Avventuroso e spesso temerario. – Manuale delle Giovani Marmotte -) apriva le danze al nuovo giorno.
La gamba sinistra, superata la china della destra, si avviava lentamente verso il vuoto; le braccia cercavano appoggio nello spazio delimitato ed il capo, discreto testone, lavorava in regìa ad imitare Fellini. Vacillava un po’ per ritrovarsi poi seduto, incolume, con l’unica necessità sanitaria, che solo il bagno nelle vicinanze poteva assecondare.
Totalizzata la bellezza dei cinquanta nel punteggio della vita, ogni mattino il rituale si faceva sempre più esoterico. Poi, l’acqua fresca, il dentifricio orribile e la pisciata chilometrica riesumavano quel corpo lievemente martoriato.
Amava il cappuccino e la brioche, quindi usciva alla ricerca del bar meglio provvisto di fragranti e dorati cornetti caldi mentre dava una sbirciata generale ai quotidiani.
Era la sua passione, non i giornali in sé, ma la lettura. Curioso e morboso, l’informazione della prim’ora fungeva da apripista per le discussioni che magari lo avrebbero visto protagonista ogni qualvolta un malcapitato finiva tra le sue grinfie.
Credeva ormai di aver capito tutto, dalla nascita dell’universo fino alla costruzione della storia dei popoli ed inequivocabilmente nulla gli era più sconosciuto.
Aprendo i quotidiani, ne comprava tre almeno, si ritrovava a commentare ad alta voce persino le pubblicità. Chiaramente la pluralità dell’informazione ottemperava allo scopo di formarsi un giudizio, così sosteneva, da più livelli economici. A lui servivano articoli da giornalisti pagati molto, meno e molto meno. La media di questi parametri, a suo avviso, dava la sensazione di ritrovarsi più vicini alla verità. Ma le particolarità del Mazzi non erano comunque tutte lì.
Ed ora l’edicola, altro Totem di valore assoluto. Non gli bastava il solo acquisto: occorreva che l’edicolante fosse pronto al dialogo forbito, e il ritrovarsi ogni mattina con una folla eterogenea dalle opinioni distanti, o addirittura contrarie, cosicché il conflitto era garantito. La discussione animata gli arrecava un piacere indefinito.
Con lo stomaco farcito, saliva così sull’auto low-cost alla volta della rivendita. La radio super-low-cost riceveva bene solo Radio24, l’economia a go-go, costringendolo ad immergersi tra tematiche di tipo contabile e sociale. Il conto in banca del resto, anche lui molto low, lo rendevano pure un pochino sensibile a quelle storie che riguardavano le pensioni di anzianità, vituperate agognate mete, ormai allontanatesi nel tempo grazie a politiche para-simpatiche di precedenti governi.
Ma ecco che Gloria (zero notizie dal già citato Manuale), cordiale ed innocente edicolante di comprovata fiducia, al solo arrivo della bianca vettura infilava la giacca a vento, anche se poi tanto freddo non c’era. I brividi invece sì.
Saluti e convenevoli si sprecavano, i denti apparivano in tutto il loro splendore fino al punto che, all’apice dell’apertura labiale, si intravedevano parti di lontane tonsille.
Ma, all’eventuale fatidico “…come non è uscito?!”, ecco che le bocche si contorcevano oscenamente. Tutto da rifare.
Gloria passava immediatamente al computer, o così sembrava, e dichiarava di essersi messa repentinamente in contatto con l’editore affermando, discolpandosi, che avrebbe fatto il possibile per rintracciare l’amatissimo feticcio. L’ansia da prestazione invadeva il chiosco.
In tal delicato momento se un avventore inconsapevole entrava, magari sbuffante, Mazzi, scambiata una rapida occhiata di assenso con l’esercente, permetteva di essere scavalcato. In attesa di notizie, guai se non positive, tergiversava tra le mille pubblicazioni.
Ascoltava ed osservava il tutto con un sorriso tirato, come a dire “…ti ho lasciato passare ma sbrigati!”. Succedeva però, il più delle volte, che commenti ai titoli dei quotidiani venissero rivolti anche nella sua direzione, naturalmente stereotipati ed approssimativi, che altro non facevano che mandare in bollore la pentola a pressione. La sua pentola.
Eccolo allora partire all’attacco armato di tutto punto, sbobinare informazioni e commenti molto più “dentro la notizia”, consigliare letture e raccomandazioni del tipo “…ma almeno lo ha letto tutto l’articolo?”, e via così fino al punto che l’intervento salva-cliente di Gloria non lo riportava sulla terra.
Con solo un timido e flebile accenno d’imbarazzo, il Mazzi salutava poi il fuggiasco e si scusava ringraziandolo per avergli permesso di esprimersi così a fondo. Ruffiano.
Ma il nostro personaggio non si limitava ad esternare il proprio bagaglio esclusivamente fuori casa. Betty, inflazionato diminutivo di Elisabetta, aveva avuto la grande fortuna di esserne la figlia.
Fin dalla tenera età la riempiva di regali rigorosamente cartacei sotto forma di fiabe, fumetti, riviste per ragazze e quant’altro, purché si insinuasse subdola quella passione di cui anch’egli era vittima.
Ella in effetti crebbe in modo discretamente armonico, salvo il fatto che ogni qualvolta si approcciava agli amici le conversazioni prendevano quella piega semi-intellettualoide che stralunava gli addetti alla post-adolescenza. Ed uno strano sconforto, sottile, serpeggiava tra le pieghe della sua in realtà basica forma mentis.
Mazzi tuttavia era convinto di essere un padre modello, anzi, neanche si era mai posto il dubbio a dire il vero.

Tra le tante curiosità, c’era il fatto che il lavoro che faceva si occupava proprio della carta. Da più di un ventennio lavorava sulle macchine da stampa, mestiere quasi artistico dal glorioso passato, tanto che spesso amava dire: “Sarà una malattia? Dovrei incendiarla questa carta e invece gli ho eretto un tempio…”.
In verità l’incendio lo avrebbe fatto volentieri accatastando i colleghi, loro sì, scevri di ogni afflato culturale ed amanti della sola cartamoneta. Aveva così tanto mal digerito il fatto che la parola Lehman & Brothers non evocasse nulla tra quelle meningi, che tramava di riempire la macchina del caffè con liquidi di scarto di origine naturale. Lui, dalle attitudini artistiche, si era letto un libro quasi profetico sulla caduta dell’economia mondiale, ma, disdetta, era amministrato da chi teneva i conti dai social network.
Anche questo fatto deponeva a favore della letteratura, infatti il libro in questione, “La grande depressione del XXI secolo” dell’americano Harry S. Dent Jr., lo aveva trovato recensito sull’inserto domenicale di un noto quotidiano. “La gente non legge nemmeno le istruzioni dei medicinali…” esclamava tra sé a volte, ed inveiva contro la televisione rea di aver contribuito a suo parere ad impigrire i cervelli rendendoli gelatinosi. Ma per fortuna, come sempre, ogni cinque giorni arrivava il weekend.
E rieccolo il sabato fare una capatina tra le librerie e le fumetterie cittadine.
Sotto sotto, custodiva gelosamente la propria fanciullezza, tanto che alle volte gli amici, incontrandolo, gli rammentavano dell’esistenza dell’universo femminile. “Donne? Questo termine mi dice qualcosa…”, finiva lì il discorso cambiando argomento. La domenica poi, come nel gioco dell’oca, tornava alla partenza, cioè al magico chiosco distributore di ghiotti prodotti stampati, che lo proiettavano sul dopo pranzo in colte pantofole, rigenerando a suo dire tutto ciò che di sgradito aveva ingoiato nella settimana. Era pur vero che, in tempi recenti, i giornali non riportavano proprio bellissime notizie, ma il semplice fatto di non dover sopportare volti televisivi a dir poco stucchevoli, rendeva tutto meno angoscioso anche se reale.
Tornando sul sociale, nella psico-edicola di Gloria veniva affrontato anche il rapporto tecnologia e giovani d’oggi. Con assoluta noncuranza Mazzi forniva dritte di tipo educativo, forte del fatto che a partir dalla titolare, e da una cospicua presenza matriarcale, la tematica era sentitissima.
“…A me basta solo aver la pancia piena di Guinnes e del resto non me ne frega un birillo!”, una frase sentita da un collega trentenne gli dava modo di impensierire le avventrici al grido di: “Badate bene di insegnare ai vostri figli come si vive o mi sa che, slegati da tutto, si trasformeranno da umanoidi a botticelle di rovere…”.
E via alle cascate di prove d’innocenza che la frase scatenava, corredata da probi esempi illustrati quasi in modo corporeo, senza dimenticare l’accusa al malcapitato vicino che, lui sì, sbagliava veramente coi figli.
Insomma, e per farla breve, in quel chiosco succedeva proprio di tutto. Se accadesse anche prima della comparsa del Mazzi non è dato sapere, fatto sta che ciò rendeva così vivo e vitale quel luogo compresso che un quesito sorgeva spontaneo: se per caso tra i clienti fosse transitato Marc Augè, come lo avrebbe descritto? Sicuramente non poteva far parte dei non-luoghi, anzi, potremmo azzardare, era senza dubbio solo un Bel-Luogo.