Comune: Modena
Provincia: Modena
Edicola: Edicola Le Torri, via Viterbo 44, 41125- Modena


Da almeno un quarto d’ora se ne stava immobile, chiuso dentro l’auto, a fissare qualcosa che non doveva essere lì, a pochi metri davanti a lui, nella notte.
Aveva sostituito volentieri il collega, a casa con una brutta influenza, ma non era abituato ai turni serali, troppo lunghi e noiosi. Bruno preferiva muoversi nella caotica vita cittadina, tra il viavai della gente e i rumori del traffico. Il silenzio della periferia fiocamente illuminata lo metteva a disagio, anche se dopo il coprifuoco non c’era da aspettarsi nessun pericolo.
Senz’altro doveva essersi verificato un difetto nel navigatore se adesso si trovava lì, lontano da tutto, in quella spianata quasi spettrale, davanti a quell’incredibile costruzione.
Non era molto grande, forse sei metri per sei e quattro in altezza, senza porte e finestre visibili.
Ciò che riusciva a vedere bene, nonostante la poca illuminazione, era un’insegna in alto, a un metro sotto il tetto, una scritta che non vedeva da quand’era ragazzino. L’ Edicola. C’era proprio scritto così, ma non era possibile. Tutte le edicole erano state abolite.
Poteva avere non più di tredici, forse quattordici anni, quando in città arrivarono i camion. Passavano assordanti e lenti lungo le vie e sotto le case, a svegliare tutti, e i bambini si mettevano ad inseguirli, noncuranti dei richiami delle mamme alle finestre. Il bisonte di ferro che lui e gli amici rincorrevano si era fermato nella via che faceva angolo con la banca, dove c’erano un bar e un’edicola. Erano scesi uomini in tuta dall’aspetto alieno, Bruno ricordava quanto erano alti e robusti. Poi erano arrivati i poliziotti e con fare tranquillo e irremovibile li avevano rispediti a casa, a raccontare che erano sbarcati gli extraterrestri e che la polizia sapeva. No, avevano detto sorridendo mamma e papà, stanno solamente cambiando le cose, era nell’aria da tempo. Il futuro.
Da quel giorno d’estate, tutte le edicole erano sparite, scomparse da tutta la città e, come si seppe dai mezzibusti sorridenti della televisione, da ogni città d’Italia e da tutti i paesi del mondo. Per sempre. Al loro posto sorgevano strutture dall’aspetto fantastico, tutte rigorosamente trasparenti e illuminate. Ci potevi entrare con una tessera magnetica lillipuziana e un microchip che dovevi aver impiantato nel braccio. Ricordava le lunghe code davanti agli uffici dove infermieri in camice bianco, pazienti e sorridenti, velocemente inserivano il chip con una piccola argentea pistola.
La struttura del suo quartiere pareva un cubo di cristallo. Entravi e avevi a disposizione diverse poltrone bianche e comode dall’alto schienale, dal quale ricadeva un leggerissimo casco. Sui braccioli delle poltrone, a destra e a sinistra, le pulsantiere digitali ti portavano dove volevi.
Non più pagine da sfogliare ancora fresche di stampa, niente più copertine patinate di riviste, o fumetti a colori o in bianco e nero con le nuvolette; e saper leggere, per la verità, non era più così necessario: eri dentro la notizia, nella storia, nel mondo. Volevi sapere dell’incidente sulla A14 che aveva causato tre morti e cinque feriti? Bastava digitare “ cronaca “ e tu eri catapultato proprio lì, in quel punto dell’autostrada, davanti ai tuoi occhi le lamiere ancora fumanti per un principio d’incendio, i vigili al lavoro per estrarre i corpi, la stradale a fermare il traffico, l’ambulanza che col suo urlo straziava le orecchie e si faceva strada sulla corsia d’emergenza.
Come andava la guerra in Medio Oriente? Insieme a gruppi di soldati dalle divise lacere e sporche, correvi tra le rovine delle case, a schivare i cecchini, tra il fragore delle bombe e il fumo accecante, mentre la voce fuori campo contava le vittime fino a quel momento e le zone conquistate dalle fazioni avverse. Con un piccolo sovrapprezzo si potevano sentire anche gli odori e decidere se apporre qualche modifica, come amplificare i suoni o alterare il colore. Nei microchip erano inseriti dispositivi di sicurezza che impedivano ai minori di accedere alle scene più sconvolgenti.
I primi tempi, un’ambulanza sostava davanti alle strutture, a prestare aiuto ai tanti che reagivano all’immersione nelle notizie con malori più o meno gravi. Poi, piano piano, la gente imparò a gestire la cosa; i sofferenti di nervi e di cuore a dosare le storie più cruente con il tasto “ soft “, oppure “ crea “, con il quale manipolare le immagini a piacere ed escludere le scene meno digeribili. Negli anni successivi si vociferava di un numero consistente di persone che ebbero bisogno di ricorrere alle cure degli psichiatri, in seguito a disturbi causati dall’assorbimento di notizie. Sembrava che, nel tempo, molti non riuscissero a scindere il reale dal fantastico. Queste voci, però, non vennero mai confermate. Naturalmente la rivoluzione non fu indolore, e per anni in tutte le città vi furono ogni tanto cortei di manifestanti a gridare contro la manipolazione di massa. I governi lasciarono passare, bollando le iniziative come frutto di menti complottiste; finchè, nel tempo, i favorevoli superarono di gran lunga i contrari e, come spesso succede, l’assuefazione vinse su tutto e tutti. Si raccontava di frange estremiste organizzate in gruppi segreti, bande definite criminali che continuavano a mettere in rete o a stampare i giornali, in siti criptati e luoghi segreti. La polizia del web vigilava ovunque e tranquillizzava la popolazione: nessuna voce in merito aveva dato indizi di verità ed erano da ritenersi favole internaute per pochi nostalgici.
Il rumore che segnalava l’avvicinarsi di un veicolo scosse Bruno dai suoi ricordi. Un bus di linea si fermava di lato alla struttura, rompendo il buio con la luce azzurrina dei fari. Molta gente scendeva senza emettere un fiato, ombre scure avvolte dal silenzio. Il bus ripartiva affiancando la sua auto e riuscì a intravedere una donna in divisa alla guida. Nessuna scritta sul mezzo a confermare l’appartenenza a una qualsiasi linea cittadina.
Improvvisamente la struttura sembrò risvegliarsi, una porta automatica si stava alzando e un’altra laterale prese a scorrere. L’edicola apriva e lentamente le persone entravano, una dietro l’altra, e si lasciavano avvolgere dalla luce che nasceva all’interno.
Bruno calò il berretto in testa, mentre si assicurava che l’arma d’ordinanza fosse ben visibile dalla fondina. Chiuse l’auto e cominciò a camminare verso la vetrata, ora pienamente illuminata.
Prima di entrare controllò se potevano esserci pericoli, la presenza di piccole figure all’interno poteva escluderlo, bambini accompagnati da adulti e tutti interessati solo a curiosare tra gli scaffali.
Il locale non era molto ampio ma sfruttava al massimo ogni spazio, come ricordava ancora. Perchè quella, accidenti, era la “ sua “ edicola di quartiere, quella dove andava da bambino e da adolescente a comprare i fumetti e le riviste sugli Ufo. Dove papà tutti giorni passava a prendere il giornale e qualche volta le riviste di cucina per la mamma. Dove suo fratello maggiore decideva se portarsi a casa l’ennesimo giallo o l’ultimo modellino da costruire, potevano essere astronavi, treni o auto da corsa, tutto andava bene poiché era fissato con quelle meraviglie.
Alla sua destra erano esposti i romanzi gialli e d’avventura e i saggi, e dietro quelli rosa o noir; nella parete di sinistra volumi e modellini su dinosauri e draghi mostravano i denti, poi soldati spaziali armati e casette del lupo cattivo per i più piccoli, insieme a orsi e delfini. In alto, album per raccogliere figurine d’ogni genere, dai calciatori a Star wars a principesse alate. Album da colorare ogni favola, antica o moderna che fosse, chiudevano la parata, per passare all’espositore che per tanti anni era stato l’oggetto delle sue incursioni e dei suoi sogni.
Dylan Dog, Tex Willer, Alan Ford, Diabolik e tutti gli altri erano là, davanti a lui, a lasciarlo per un attimo senza respiro. E poi ancora le riviste sui viaggi, sull’economia, sulla tecnologia, l’arte, le auto, le biciclette e le moto, la montagna e il mare, l’enigmistica e i quiz, erano tantissimi e si perdevano davanti ai suoi occhi. Un ragazzo, abile giocoliere, distribuiva quotidiani e saluti oltre il banco. Ogni persona sostava un attimo e scambiava un sorriso e una parola sul tempo, sui mali di stagione, sui prezzi che non calano mai. Qualcuno ordinava un film da vedere in famiglia, titoli vecchi e introvabili, lui magicamente scorreva le dita sulla tastiera e diceva – Ce l’ho! -.
Per ogni cliente c’era uno sguardo, una battuta, un ricordo, un arrivederci a domani. Le persone uscivano sorridendo o si fermavano sulla porta a chiacchierare tra loro.
Bruno sapeva che tutto quello che vedeva e sentiva non era vero, non poteva esserlo. Perciò i casi erano due: o era improvvisamente morto e ancora non sapeva di esserlo, o stava semplicemente sognando, e prima o poi si sarebbe svegliato e gli uomini, le donne, i bambini e lui, l’edicolante, il ragazzo, Daniele, sarebbero scomparsi. Insieme alla sensazione strana di vicinanza e calore che non provava da troppo tempo.
Ricordava bene Daniele, anche se dall’ultima volta che ci aveva parlato erano passati trent’anni. Più o meno. Trent’anni per Bruno erano trascorsi per diventare, da quel ragazzino secco e timido che era, un omone alto e robusto con qualche filo bianco tra i folti riccioli, con un po’ di pancetta ben nascosta dall’impeccabile divisa. Erano passati per metter su famiglia, con una brava moglie e due figli ormai alle superiori, un lavoro in polizia che gli piaceva e gli permetteva anche di avere una bella casetta e fare una vacanza al mare una volta l’anno.
Daniele era lo stesso ragazzo di quando lui era bambino. Non era cambiato. Il corto ciuffo scuro sulla fronte, gli occhi svegli dietro gli occhiali senza montatura, un filo di barba a incorniciare un sorriso aperto e gentile. Un sorriso che adesso era rivolto a lui, fermo impalato a cercare di rimettere insieme i frammenti dei mille pensieri che gli passavano nella testa come lucciole impazzite. – Ciao Bruno, cosa ti do oggi? -, chiedeva Daniele. La mano a raccogliere un quotidiano, Bruno domandò: – Ho bisogno di qualche spiegazione, Daniele. – Dimmi pure.
Si preparò a fare la domanda nel modo più chiaro possibile, anche per se stesso. – Devi spiegarmi cosa sta succedendo, perché la tua edicola è in questo posto e perché tutta questa gente è qui.
– Beh, potrebbe essere una storia lunga e io devo servire i clienti, come vedi. -, rispondeva senza perdere il sorriso, adesso un po’ ironico.
– O me lo spieghi qui, oppure alla stazione di polizia. Le edicole sono state dichiarate fuorilegge più di trent’anni fa, Daniele, e devi darmi spiegazione di quello che succede.
Con un sospiro il giovane usciva dal banco e chiamava con un cenno un distinto uomo di mezz’età che Bruno riconobbe con stupore nel padre. Anche lui uguale a quando si erano salutati nei giorni precedenti alla scomparsa delle rivendite.
Fuori faceva freddo e Bruno si alzò il bavero della giacca, seguendo Daniele che s’incamminava verso un albero poco distante. Indossava una delle solite magliette con le scritte colorate e i jeans e, nonostante l’autunno inoltrato si facesse sentire, non pareva preoccuparsene.
Appoggiò la schiena al tronco e cominciò a parlare piano, gli occhi fissi all’edicola.
– Sono passati molti anni, Bruno, ricordo che eri ancora quasi un bambino.-
– Sono trent’anni, e sono trent’anni che le edicole non ci sono più, Daniele. Perciò non capisco.-
– Eri troppo giovane per capire che cosa stavano facendo, e nessuno poteva impedirlo. Molti, però, hanno continuato a resistere e a lottare.
Sorrideva, e le parole cominciarono ad uscire senza fermarsi per raccontare una storia .
Prima che il progetto venisse attuato, da molti anni se ne conosceva l’intenzione, anche se a grandi linee e attraverso portavoce di organizzazioni segrete, talmente segrete che le notizie che filtravano erano spesso contraddittorie e confuse. Di sicuro c’era soltanto che tutti i paesi avanzati stavano lavorando per l’abolizione definitiva e irreversibile della divulgazione di notizie o qualunque tipo d’informazione a mezzo stampa o rete. Una rivoluzione mondiale che significava l’eliminazione di ogni firma giornalistica, di ogni immagine fissa, di ogni descrizione personalizzata di fatti ed eventi. Al posto di quotidiani, riviste specializzate di ogni genere, libri, cd audio o musicali, film su dvd e tutto, tutto ciò che poteva venir considerato trasmissione di cultura, tutto sarebbe stato globalmente vissuto in prima persona e attraverso i sensi.
Pensatori lungimiranti iniziarono a descrivere come sarebbe stato il futuro libero interpretare, non più condizionati dall’impronta personale degli scrittori, dei giornalisti, dei fotografi, degli artisti di ogni musa, degli scienziati e dei matematici, dei politici. Tutto sarebbe stato visto, ascoltato, vissuto dentro la realtà, ognuno protagonista e a volte, anche se con poteri limitati, creatore. Ognuno avrebbe liberamente deciso come e cosa vedere.
Pensatori contrari definivano invece l’ombra del futuro come un assassinio di massa al libero pensare, un calarsi indotto da altri in un sogno comunque manipolato. Questa presunta rivoluzione avrebbe finito per creare una popolazione di disadattati, incapaci di distinguere il vero dal falso, persone dipendenti di fatto da notizie abilmente girate e dirette dai soliti burattinai.
Nel corso degli anni i pensatori contrari al progetto persero di visibilità e, poco alla volta, parvero scomparire. Nel 2018 arrivò il futuro e nel giro di una settimana tutto cambiava, tra gli applausi e i festeggiamenti nelle pubbliche piazze, unitamente alle manifestazioni di protesta che ancora a lungo infiammarono le città, per poi spegnersi gradualmente senza fare troppi danni. In realtà le persone arrestate e imprigionate furono migliaia in ogni nazione, molte scomparvero per sempre e non si seppe mai dove. Come non si venne a sapere che in tutti i paesi del mondo tante persone continuavano segretamente a mantenere viva la resistenza ad una delle più grandi sopraffazioni della storia, perché questo e solo questo è stata. Una dittatura a livello mondiale contrabbandata come nascita del libero pensiero. In questi gruppi di dissidenti confluivano appartenenti ad ogni ceto sociale, professionisti, medici, scienziati, ingegneri, operai, intellettuali, e anche militari. Cellule composte da poche persone che comunicavano con mezzi obsoleti che ormai nessuno più usava, attraverso la radio e con segnali ormai sconosciuti, dimenticati.
Soprattutto i governi riuscirono a tenere nascosti i danni che provocarono i nuovi sistemi di conoscenza. Le malattie mentali in continua crescita, l’aumento dell’uso della violenza nelle case e nei quartieri, dove si formavano bande di piccoli criminali poco più che adolescenti e dall’insolita aggressività. Vennero creati, ben nascosti, luoghi di detenzione e cura dove questi disadattati continuavano a vivere. Le forze militari conobbero un esponenziale aumento e la repressione funzionò. Le città vennero ripulite e il proclama permanente del coprifuoco fece il resto.
Ora gli occhi di Daniele erano fermi in quelli di Bruno.
– Tu e tutti quelli della tua generazione siete cresciuti in un mondo virtuale e falso, creato ad arte per convincervi di essere dentro la realtà, di poter scegliere il vostro futuro, di essere liberi dalle catene dell’informazione dipendente da questa o quella ideologia. Una grande, colossale bugia, caro Bruno, perché da allora nessuno ha più potuto scegliere. Mille volte ancora di più che nel passato, i Grandi Burattinai vi fanno vedere e conoscere quello che è giusto o sbagliato secondo la loro volontà, facendovi credere che siete voi a pensare e a dirigere la vostra vita.
Il silenzio durava da un po’ e finalmente Bruno riuscì a parlare: – Una bella storia, Daniele, e immagino che questa struttura, questa gente, tuo padre, tu, facciate parte di un piano.
– Un piano? Sì, è il termine giusto. Un piano accuratamente preparato in ogni dettaglio, un piano nato e cresciuto da molto tempo prima che il progetto avesse inizio. In ogni città, in ogni nazione di tutto il mondo noi ci siamo, e siamo sempre di più. E’ come una semina, caro Bruno, piccoli insignificanti semi gettati qua e là, e quando meno te l’aspetti, ecco, la fioritura. La gente viene, ritorna indietro nel tempo, a quando ancora si parlava, si discuteva, ci si arrabbiava, si pensava, si decideva di prendere posizione, giusto o sbagliato che fosse. Di quando ci si incontrava o scontrava, di quando l’indifferenza non faceva parte del nostro vivere.
La riflessione di Bruno durò a lungo, poi la sua voce suonò calma e impersonale: – Bene, Daniele, immagino saprai che, comunque, non tocca a me decidere. Le edicole, tutta la stampa, tutta l’informazione di ogni genere e la produzione di qualunque testo o video o audio sono stati dichiarati fuorilegge nell’agosto 2018. Pertanto, io devo fare denuncia al mio comando di quello che sta succedendo qui. Saranno i miei superiori a mettere sotto sequestro la tua struttura e l’area circostante e le persone presenti verranno identificate e perseguite secondo la legge vigente.
Si complimentò con se stesso per aver recitato con sufficiente durezza la sua parte, nonostante l’inquietudine che provava.
Daniele sorrise e il suo braccio indicava lo stesso veicolo avvistato forse un’ora prima, l’anonimo bus che si fermava a pochi passi da loro, davanti all’entrata dell’edicola. La stessa autista in divisa apriva le porte e spegneva il motore, in attesa.
– Neanche il tempo di avvisare il tuo comando, e nessuno sarà più qui, credimi, soltanto tu e il giornale che hai in mano.
– Vuoi scherzare? Nell’edicola troveranno abbastanza impronte per identificarvi tutti e vi troveranno, ovunque andiate.
Nel frattempo, il bus aveva completato il suo carico e ripartiva lento, ai finestrini alcuni bambini sorridevano salutando. Le luci all’interno dell’edicola si spegnevano piano e come d’incanto anche la struttura spariva. L’insegna, i muri, le vetrate, niente, più niente, solo buio. Che trucco era questo?
– Hai dimenticato una cosa, Bruno. – Tendeva la mano, a salutare.
– Non mi hai chiesto perché sono ancora così. Così giovane, dico. – ma Bruno non riusciva a parlare e meccanicamente stringeva la mano tesa davanti a lui. Stringeva la propria mano, le proprie dita, perché quella dell’altro non c’era. Daniele era ancora lì, eppure non c’era.
– Sì, stai pensando bene, davvero. Ologramma, ologramma perfetto, con immagine, parole, pensieri, pregi e difetti dell’originale. I più grandi scienziati sono dalla nostra parte, e i risultati delle loro scoperte e produzioni sono davvero eccellenti, sì, eccellenti. E’ stato un piacere ritrovarti. Addio.
Il buio avvolse anche Daniele. Tutt’intorno, niente. Nel silenzio ritrovato, la testa china senza nemmeno pensieri, Bruno risaliva in auto. Programmò il navigatore verso casa, tolse il berretto e si scompigliò i capelli. Mise il giornale al sicuro, nel portaoggetti. Lo avrebbe letto con calma il giorno dopo, decise mentre avviava il motore.